TATIANA CARDELLICCHIO

Intervista di Giulia Dozza

CONOSCIAMO L'ARTISTA

Tatiana Cardellicchio è post-produttrice fotografica e artista visiva. Si diploma in Fotografia al CFP Bauer di Milano (2009) e all’Istituto Italiano di Fotografia (2011). Dal 2012 lavora come post-produttrice fotografica nel campo della fotografia di moda e dell’ADV. Dal 2018 porta avanti un personale lavoro di ricerca artistica che continua ancora oggi.  Nel 2024 si laurea in psicologia con una tesi sulla percezione dell’arte creata dall’intelligenza artificiale. Le sue opere sono state esposte in varie mostre e volumi, tra cui nel 2024, Premio d’argento al Prix de la Photographie Paris nella categoria Ritratto/Autoritratto ed Imagination NewYork (One Art Space galley) Tribeca, New York.

La tua esigenza di esprimerti visivamente nasce prevalentemente da un condizionamento esterno o da una profonda autoanalisi?

L’esigenza di espressione é senz’altro una motivazione che nasce dall’interno. Però é quando incontra il mondo esterno che trova la sua piena realizzazione.  Ad un certo punto ho capito che una vita destinata ad un certo tipo di sensibilità é poca cosa, se poi rimane tutto dentro. Ho capito che é importante aprirsi al mondo se si vuole esprimere qualcosa. Per quel che mi riguarda, credo di aver dovuto aspettare una sicurezza in me stessa, arrivata solo dopo i 30 anni, che mi ha dato quella spinta a iniziare a creare per davvero e condividere senza paura con gli altri ciò che mi emozionava.

Quanto sono importanti la tua infanzia e le tue radici, nella creazione delle tue opere?

Le mie radici ed i luoghi naturali dove sono cresciuta sono fondamentali nelle mie creazioni. Ho vissuto molti anni a Milano lavorando nel campo della fotografia, ma solo come tecnico. Non avevo creato nulla di personale, né ne sentivo la necessità. É stato solo tornando a casa che ho sentito l’esigenza di raccontare qualcosa, e raccontarmi attraverso i luoghi del mio territorio. A volte bisogna fare un giro molto lungo per poter tornare a se stessi.

Quando postproduci, cosa ti fa sentire aver raggiunto “l’opera finita”?

Quando scatto e poi post produco una fotografia, so che l’opera é finalmente pronta quando sento la sua armonia, la sua “musicalità”. É una sensazione del tutto personale: la guardo e la riguardo e non percepisco “stonature”, ma anzi percepisco che tutto fluisce bene dai margini al centro dell’immagine, attraverso la composizione ed il colore. Allora so che é pronta.

Hai delle ispirazioni, che siano persone o stili/movimenti artistici?

Prendo ispirazione ed imparo un po’ da tutto quello che vedo: i colori dei quadri nei musei, le inquadrature dei film che amo, i movimenti che creano i ballerini mentre danzano. Mi rendo conto che tutto ispira, e poi tutto quello che si vede si può interpretare personalmente ed inserire nelle proprie creazioni. A livello prettamente fotografico, e ancora più di autoritratto, l’autore che stimo di più é Arno Rafael Minkkinen, considero il suo lavoro veramente unico.

La tua arte ha un collegamento con le dinamiche sociali attuali? Se si, è più una riflessione o una critica?

La riflessione che porta la serie di Autoritratti di IMPATTO (scattati tutti nelle riserve naturali del Salento) é quella attraverso la quale ci si può accostare in modo gentile al proprio territorio, entrare “in punta di piedi” in un posto che ci é stato dato in prestito. Per me é una riflessione importante e triste allo stesso tempo, poiché il mio territorio é stato teatro di danni ambientali sfrenati, abusivismo edilizio, pressione antropica ed overtourism, unito ad un fenomeno naturale di erosione della costa molto accentuato che ha trasformato significativamente i luoghi che amo.. Le riserve naturali ci sono ancora, però, e vanno protette e trattate con molta cura. Credo quindi che l’ambiente é e sarà al centro anche dei prossimi lavori che farò.

Che rapporto hai con il tuo corpo in relazione ai tuoi autoritratti?

Il rapporto con il mio corpo in relazione agli autoritratti é di continua sorpresa. È sempre lo stesso, eppure appare sempre diverso. Mi piace molto scattare con le altre persone, ma la sensazione dell’autoritratto è particolare perché mentre lo fai non hai la percezione di quello che uscirà fuori, e quindi é una continua scoperta.

Raccontaci in breve il tema che porti alla mostra Naked Parts of Us

Il tema che porto alla mostra Naked part of us é un’esigenza profonda di partecipazione al mondo e di fusione con esso. La figura umana, nella propria nudità, può apparire fragile nello svelare la propria intima natura al mondo ma, ad uno sguardo più attento, appare serena e quieta,  abbandonata in un tempo sospeso, in un tempo in cui é possibile ritrovarsi come parte del tutto, e dal tutto essere accolti. É così con le grandi tende della casa dell’infanzia (“Salento”), o le striature della sabbia che ricordano una grande mano che accoglie e contiene (“Fingerprints”). Anche quando il tempo sospeso è quello della neve sul mare (“Isola”, che fa parte della serie IMPATTO, di cui avevo parlato)

Hai un motto od una citazione che pensi rappresenti il tema delle opere presenti in Naked Parts of Us?

Posso citare questa poesia per spiegare l’esigenza, intima e profonda, alla base del lavoro di autoritratti che porto avanti da diversi anni:

“Tutta la mia vita è una storia d’amore con la mia anima, con la città in cui vivo, con l’albero al bordo della strada, con l’aria…”

Marina Cvetaeva

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